Effettivamente disponibili altri 40mila ingressi per lavoratori subordinati stagionali nei settori agricolo e turistico-alberghiero. Infatti è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 agosto il Dpcm del 19 luglio che integra le 44mila quote stabilite con il Dpcm del 29 dicembre 2022. Il provvedimento era stato adottato dal Consiglio dei ministri il 6 luglio a fronte dell’esaurimento dei posti avvenuto con il click day del 27 marzo, in occasione del quale le richieste per lavoro stagionale sono state più di 150mila.
Le nuove quote, ha spiegato il ministero del Lavoro in una nota, andranno a soddisfare, parzialmente, le domande pervenute dal click day al 14 agosto, secondo l’ordine cronologico di arrivo e in base alle regole del decreto flussi 2022, ricordate con la circolare del 10 agosto scorso a firma dei ministeri del Lavoro, dell’Interno e dell’Agricoltura.
Gli ingressi per le attività stagionali nei due settori indicati sono inoltre destinate a crescere ulteriormente di 82.550 unità in autunno, dopo l’approvazione definitiva del Dpcm flussi 2023-25, licenziato in prima lettura dal Governo sempre il 6 luglio e in attesa del via libera della Camera (oltre il termine previsto del 18 agosto, mentre quello del Senato è già arrivato). Quest’ultimo provvedimento fissa in 136mila ingressi complessivi il fabbisogno per il 2023, in 151mila per il 2024 in 165mila per il 2025.
Ma i permessi extra flussi non si esauriscono con la quota aggiuntiva di 40mila unità. Il 7 agosto, infatti, è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 28 giugno del ministro del Lavoro, di concerto con quello degli Esteri e dell’Interno, che prevede, per il triennio 2023-25, 7.500 posti in favore di persone che frequentano corsi di formazione professionale finalizzati al riconoscimento di una qualifica o alla certificazione delle competenze acquisite. Altri 7.500 posti sono destinati a tirocini formativi e di orientamento finalizzati al completamento di un percorso di formazione professionale iniziato dal lavoratore nel suo Paese di origine. Si tratta di un canale già previsto in passato e poco utilizzato, tant’è che nel triennio 2020-22 su 15mila posti ne sono stati utilizzati 3.219. Gli ingressi per studio potranno essere convertiti in permessi di lavoro al termine della formazione.
Oltre a ciò, si aggiunge quanto disposto dall’articolo 24, comma 5-bis del Dl 75/2023 (la cui legge di conversione, 112/2023, è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale del 16 agosto) in base al quale possono entrare in Italia, fuori quota, i lavoratori che siano stati dipendenti, per almeno 12 mesi nell’arco dei 48 mesi antecedenti alla richiesta, di imprese aventi sede in Italia, ovvero di società da queste partecipate, operanti al di fuori dell’Unione europea.