Entrare in Italia con la certezza di lavorare perché un imprenditore ha espressamente chiesto manodopera e si è prodigato per ottenere il nulla osta previsto dal decreto flussi, unica procedura per aziende e famiglie che vogliano assumere personale straniero. Da qui, il visto, l’arrivo in Italia, l’attesa e poi nulla. Il lavoro non c’è o c’è per meno del tempo e dell’impegno richiesto, l’imprenditore non è raggiungibile, il caporale chiede soldi. Il lavoratore diventa invisibile: niente contratto, nessun controllo. Potrebbe star lavorando o, come vi abbiamo raccontato, finire in un limbo di lavoro nero e clandestinità. Ammesso che in Italia ci arrivino.
I numeri di un flop – A descrivere il flop del decreto flussi che il governo da anni prevede per rispondere alla richiesta di manodopera straniera in Italia da parte degli imprenditori (allargato nell’ultimo anno) è il rapporto presentato ieri in Senato dal titolo “La lotteria dell’ingresso per lavoro in Italia: i veri numeri del decreto flussi” della campagna Ero Straniero, promossa da A Buon Diritto, ActionAid, Asgi, Federazione Chiese evangeliche italiane (Fcei), Oxfam, Arci, Cnca, Cild, Fondazione Casa della carità “Angelo Abriani”, Radicali Italiani, con il sostegno di decine di organizzazioni che sono riuscite a recuperare e ad analizzare i dati relativi alla misura nel 2022 e nel 2023. I risultati sono impressionanti, in negativo: negli ultimi due anni, le domande per entrare come lavoratori in Italia sono state più del triplo rispetto alle quote fissate. Eppure migliaia di persone non arrivano dopo aver ottenuto il visto, sprecando così molti posti che restano vuoti, mentre solo il 30% delle domande esaminate, ottenuto il nulla osta, giungono a conclusione con la sottoscrizione del contratto di soggiorno e il rilascio del permesso di soggiorno. Ma andiamo con ordine.
Il clic day e le quote “insufficienti” – Per poter ottenere il permesso, gli imprenditori devono partecipare a quella che è una vera e propria lotteria. Una finestra temporale entro la quale cercare di ottenere i posti di cui hanno bisogno attraverso l’apposito sistema online. Ogni anno c’è un boom di richieste, tre volte sopra le quote messe a disposizione. Per il 2022 c’erano 69.700 posti disponibili per i quali sono state presentate 209.150 domande (in 140mila non hanno avuto chance di entrare in Italia). La situazione non è cambiata nei primi 8 mesi del 2023, anzi. I dati fino ad agosto mostrano che nel click day di marzo 2023 sono arrivate 250.431 domande a fronte di 82.705 posti disponibili (222mila in più). Le domande compilate in attesa dell’ultimo click day dell’anno erano 607mila, 12 volte le quote disponibili. Eppure, paradossalmente, rispetto alle domande inoltrate, nel corso del 2022 e del 2023 i nulla osta rilasciati sono stati inferiori ai posti disponibili: solo 55.013 a fronte di 69.700 quote fissate nel 2022 (78,9%) e interamente esaurite dalle domande, a cui vanno aggiunte 2.411 domande rigettate e 324 nulla osta revocati. Quanto al 2023, fino ad agosto, sono stati rilasciati 65.662 nulla osta su 82.705 posti disponibili (79,4 %), mentre 2.147 sono stati i rigetti e 170 le revoche. “Dai dati in nostro possesso – si legge nel rapporto – non è possibile risalire al perché ci sia per ciascuno dei due anni, un numero consistente di domande che non arriva al secondo passaggio della procedura per l’ingresso, e cioè il rilascio del nulla osta”. Il risultato è che migliaia di quote non vengono utilizzate e altrettanti posti di lavoro vanno perduti. “Perché non redistribuire queste quote e fare in modo che altre persone possano entrare ed essere impiegate, come effettivamente previsto dalla normativa?”
Molti non arrivano – La caduta libera prosegue. Una volta ottenuti il nulla osta e il visto, però, una quota cospicua di lavoratrici e lavoratori non fa ingresso in Italia. Nel 2022, su 55.013 nulla osta rilasciati (tra stagionali e non), risultano esserci ancora 3.183 persone che non hanno fatto ingresso in Italia, pur avendo ricevuto il visto. Lo stesso vale per le domande del 2023: fino ad agosto scorso, su 65.662 nulla osta rilasciati, 19.082 persone non risultano essere arrivate in Italia. Una volta concesso il nulla osta al lavoro, infatti, il consolato competente nel paese d’origine dovrebbe rilasciare il visto per entrare in Italia. “Non è stato possibile verificare se vi siano altri motivi per le mancate partenze, dato che non siamo in possesso di dati del ministero degli Affari esteri rispetto ai tempi del rilascio dei visti – dice il rapporto – Si tratta, a ogni modo, di prendere atto, in questo caso, anche del fatto che migliaia di quote non si trasformano in posti di lavoro e ingressi regolari e della necessità di indagare sui motivi di tale criticità e intervenire”.
E una volta in Italia? – Questo è il numero peggiore: il rapporto tra le quote stabilite e i contratti di soggiorno effettivamente sottoscritti è molto basso per i due anni: il tasso di successo nel 2022 è del 30% per il canale stagionale e del 26% per il canale non stagionale. Questo significa che, nel primo caso, sono 12.708 i contratti di soggiorno sottoscritti a fronte di 42.000 ingressi stabiliti dalle quote. Nel secondo solo 5.243 contratti su 20.000 quote. Insomma, solo un terzo di lavoratrici e lavoratori che entrano in Italia riesce a stabilizzare la propria posizione lavorativa e avere i documenti, mentre la maggior parte è impiegata dalle aziende col solo nulla osta. Nei primi otto mesi del 2023, a fronte di un totale di 65.662 nulla osta rilasciati solo 4.149 (pari al 6,32%) sono stati tradotti in richieste per il rilascio del permesso. Andando più nel dettaglio, si nota che dei 23.519 nulla osta rilasciati per lavoro subordinato, sono 616 i contratti di soggiorno sottoscritti e quindi le pratiche che si possono considerare perfezionate, pari al 2,05% della quota stabilita (30.105). Per quanto riguarda il lavoro stagionale, dei 42.121 nulla osta rilasciati, 2.294 sono i contratti di soggiorno sottoscritti e quindi le pratiche perfezionate, pari al 5,45% dei nulla osta rilasciati e al 5,21% del totale delle quote stabilite (44mila). “Il nodo su cui riflettere è che solo una piccola parte delle persone autorizzate all’ingresso in Italia hanno potuto finalizzare la procedura con la firma del contratto e la richiesta di un permesso di soggiorno per lavoro e si avviano a una stabilizzazione nel nostro paese. Ma cosa è successo alle restanti persone?”.
I motivi – Una parte è probabilmente ancora nel paese di origine perché il visto non è pronto o perché non in grado di sostenere le spese del viaggio. “Un’altra spiegazione è che, essendo possibile lavorare anche solo con il nulla osta, molti datori di lavoro abbiano impiegato da subito lavoratrici e lavoratori e attendano di essere convocati per la conclusione della procedura presso le prefetture”. Si tratterebbe quindi di un ritardo dovuto alle difficoltà in cui versa l’amministrazione dell’Interno. “La situazione, però, si complica se il rapporto di lavoro si interrompe prima della conclusione della procedura e prima che sia stato rilasciato il permesso di soggiorno: in questi casi, il rischio di rimanere in una condizione precaria, di vita e di lavoro, e di cadere nell’irregolarità è altissimo”. Un’ulteriore motivazione, conclude il rapporto, è “meno ottimista” ed è legata alla possibilità che, una volta giunta in Italia “la persona straniera non abbia più la disponibilità all’assunzione da parte del datore di lavoro che ha presentato la domanda, spesso perché l’ingresso è avvenuto con tempi troppo lunghi rispetto alle esigenze delle aziende: il destino di queste persone è di rimanere in Italia – o cercare di raggiungere altri Stati – senza documenti, in una condizione di irregolarità, estrema precarietà e altissimo rischio di sfruttamento”.
Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/12/20/migranti-il-disastro-dei-decreti-flussi-quote-insufficienti-eppure-migliaia-restano-inutilizzate-solo-il-30-diventa-un-contratto/7389351/